Giorni 10 e 11: Il ritorno (Ischia > Napoli > Pescocostanzo > Bruxelles)

 

IMG_20160804_202730Il nostro viaggio a caccia di balene è arrivato ed è passato. Il mal di terra pure è ormai passato. Mi faceva girare la testa e sentivo una leggera nausea a stare davanti al computer, ma me lo tenevo stretto come un tesoro raccontandomi la storia che era un po’ di mare che mi era rimasto dentro.

IMG_4464Quest’anno il viaggio è stato davvero all’insegna dell’equilibrio: abbiamo imparato tantissime cose e tante ne abbiamo fatte, ma abbiamo avuto anche tempo per riposare, leggere, chiacchierare all’ombra. Senza la stanchezza che avevo addosso l’anno scorso lasciando le Highlands, ho quasi pianto mentre ci avvicinavamo ad Ischia per passare l’ultima notte al porto.

Le cose che ho capito che mi piacciono, d’estate, sono queste. Non avere un vero tetto sopra alla testa e nessuna parete attorno; nessuna luce artificiale e mai il neon; avere poche persone e poche cose, circondandomi per una volta solo di ciò che è necessario. Ho capito che mi piace quando la doccia arriva come un sollievo, ma amo anche i giorni in cui non c’è. Il sale che si accumulava sulla pelle quando a Ventotene non potevamo lavarci come si deve mi faceva sentire in mezzo ad un’avventura, mi faceva pensare alla libertà.

Mi sono accorta solo quando sono scesa a terra e siamo tornati a passeggiare per le strade di Ischia che un’altra cosa che non mi era mancata mentre ero in barca era il desiderio, inteso nella sua accezione consumistica. Ero stata bene, senza il continuo volere qualcosa, senza svuotare e riempire carrelli o sfogliare cataloghi. L’unica cosa che “volevo” era sentire il click di un capodoglio dagli idrofoni ed ero comunque pronta all’eventualità di non sentirlo mai. Ad Ischia, invece, mi ero trovata a cercare un paio di sandali, ricordi per le mie colleghe e persino a guardare con curiosità le anteprime delle collezioni invernali esposte in vetrina.

IMG_20160807_104952 Pensavo a queste cose mentre in macchina risalivamo dalla Campania all’Abruzzo, dove avevamo preso una stanza a Pescocostanzo per la cena al ristorante che avrebbe chiuso la nostra vacanza. Anche Pescocostanzo, un piccolo borgo di montagna a più di milleduecento metri sul livello del mare e dove faceva ben più freddo che ad Ischia, ci è piaciuto molto. Siamo rimasti letteralmente incantati dalle case in pietra, ognuna con i suoi gerani alle finestre. Quanto alla cena, essa è stata un viaggio a parte. O meglio, tanti viaggi: uno inebriante per i sensi, poi la chiusura di un percorso e l’inizio di un altro, sempre con la maglia dei Rhinos addosso.

…ed ecco che già eravamo a Roma, poi a Bruxelles, poi non eravamo più tristi di essere di nuovo a casa perché Clarissa si rotolava per terra di fianco alla porta. Eravamo tornati.

Giorni 10 e 11: Il ritorno (Ischia > Napoli > Pescocostanzo > Bruxelles)

Giorno 9: Il momento perfetto e le armonie (attorno ad Ischia)

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10:30 is bruschetta time. I hadn’t eaten any tomatoes for more than one year, in Belgium they really taste like nothing and I stopped buying them. Here tomatoes are delicious and for this very reason the bruschetta at 10:30 is a moment I love. I eat it in one bite: the bread, the oil, the garlic are delicious, the basil smells like parfume and the tomatoes taste like heaven. (…) I would now like to sit at the table and go back reading my book, but Ash calls me from the back of the boat. He wants to know whether I would like to helm it. Of course I do.

Stamattina io e Alessandra, che dorme con me in cabina, ci siamo svegliate leggermente in ritardo. Abbiamo scoperto solo dopo che, per capire se è ora di scendere dal letto, io guardo lei e lei guarda me e solo miracolosamente non siamo rimaste a letto fino a mezzogiorno nei giorni passati.

Colazione, spesa pulizia, alle otto e mezza eravamo comunque pronti a salpare. Abbiamo slegato i parabordi e li abbiamo rilegati all’interno della barca. Abbiamo lasciato il porto e abbiamo issato la vela. “Cecilia, vuoi fare tu il nodo a otto?” Mi trovo a rispondere stupidamente “Sì, ma qual è?”. Il nodo a otto è quello che per farlo bisogna fare una &. Lo faccio. “La gassa?” “È il nodo con la storia?” È il nodo con la storia, lo faccio. Issiamo la vela, la fisso. Il primo turno di avvistamento è il mio e per la prima volta mi sento abbastanza sicura da stare in piedi a prua, proprio in cima. Sotto di me c’è solo il mare e io ci sto volando sopra; il mio turno passa senza nessun avvistamento, ma velocissimo. Smonto e mi sdraio sul ponte, sotto il sole del mattino finisco il mio libro. “The past harmonizes” nota a più riprese il protagonista del romanzo, sottolineando le coincidenze e i déjà vu che costellano il suo viaggio indietro nel tempo negli anni Sessanta.

Alle 10:30 è l’ora della bruschetta. Non mangiavo pomodori da quasi un anno, in Belgio proprio non ne vale la pena. Qua sono buonissimi e proprio per questo la bruschetta delle 10:30 per me è una festa. La divoro: il pane buonissimo, l’aglio buonissimo, l’olio buonissimo, il basilico profumato, i pomodori sublimi. Solo dopo avere raccolto dal piatto l’ultimo pomodorino caduto mi accorgo che non ho neanche fatto una foto. Dovrò cercare di ricordarmele con gli occhi della memoria, queste bruschette di metà mattino in mezzo al mare.

FullSizeRenderLa mattina scivola via veloce, arriva ora di pranzo e le mezze penne alla norma che ci ha preparato Chester sono buonissime. Poi Alessandra, che ha davvero una pazienza infinita, mi spiega come fare a sedermi in punta alla nave. Ho un po’ di problemi con le vertigini, mi sudano le mani e ho paura che mi scivolino i piedi, ma quando riesco finalmente ad appoggiarmi mi sembra di volare sul mare. Blu. Bluissimo.

Tornerei a sedermi appoggiata al parabordo, ma Ash dal timone mi fa segno e mi chiede se voglio provare a guidare la barca. Mi siedo tra lui e Chester e dopo anni capisco come sia possibile guidare una barca a vela dove si vuole e non solo dove porta il vento e, già che ci siamo e il pomeriggio è tranquillo, mi spiegano pure come fanno a volare gli aerei. Ho un po’ di problemi a tenere la direzione, un po’ di problemi a fare tutto in realtà, ma capire piano piano dove tenere gli occhi e a cosa prestare attenzione è per me una soddisfazione grandissima.

Mentre tengo il timone tra le mani, l’idrofono trasmette il fischio di un delfino. Prima solo uno, poi un altro, fino a che non diventano forti e frequenti. Per qualche minuto, mentre tutti cercano i delfini da qualche parte sui trecentosessanta gradi di mare che ci circondano, rimango da sola a guidare la barca e mi sento investita di una responsabilità grandissima. Poi li vediamo, dietro di noi. Bisogna fare qualcosa, sento inserita in un discorso la parola “strambare” e lascio il timone.

I delfini sono stenelle striate, Ash e Chester le hanno identificate ancora prima di vederle, solo dai fischi. Stanno viaggiando e non hanno voglia di perdere tempo con noi. Li vediamo sempre solo da lontano, venti metri al massimo, ma prima di scomparire uno di loro ci regala uno spettacolo incredibile: un triplo salto all’indietro che ci lascia a bocca aperta.

Tornando ad Ischia il tempo cambia. Vediamo improvvisamente tantissime isole attorno a noi e il Vesuvio vicinissimo. Sulla sinistra incalza un fronte compatto di nuvole, il mare non è più blu, ma sembra un foglio di carta argentata, i colori di Ischia sono più vividi che mai.

IMG_20160805_182805Stiamo rientrando dal nostro ultimo giorno di barca. Sediamo all’ombra, già un po’ di malinconia addosso, quando Ash chiama “Did you see that sort of rainbow?”. Corro a vederlo, poi ci sdraiamo sotto l’albero. Fisso questo arcobaleno di arrivederci pensando a quello che ci aveva dato il benvenuto l’anno scorso, mostrandosi a noi mentre entravamo ad Edimburgo. Penso alle armonie di cui parlava il mio libro, penso che pure questo è un momento di storia che si armonizza.

Ci sono l’albero, le bandierine, Checco che mi guarda, il cielo, l’arcobaleno, il mare che ci dondola, il legno sotto la mia schiena. Penso che sia un momento perfetto. Lo è.

Giorno 9: Il momento perfetto e le armonie (attorno ad Ischia)

Giorno 8: Prima del tramonto (Ventotene > Ischia)

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The eleven-hour long navigation is calm, the different activities follow each other as time passes by: the watches, the mid-morning bruschetta, the hydrophone pauses hoping to hear the sperm whales’ clicks, then lunch and the short naps in the shadow. We are getting close to the harbour in Ischia, when somebody sees them: “Dolphins!”. And there they are, the largest group I’ve ever seen.

Ci risvegliamo di nuovo a Ventotene. Mi alzo sbattendo la testa contro il soffitto basso della mia cabina, mentre Checco qui non ci sta e non respira e sono ormai tre notti che dorme sul ponte. Mi accorgo che sono appiccicosa e faccio il conto: sopra alla mia pelle ci sono due giorni di crema solare, sale e anti-zanzare, che immagino stratificati come le rocce dell’isola.

Al mattino Checco deve andare a fare la spesa e lo accompagno per le stradine della piccola città addormentata. Piazza Alcide de Gasperi, via delle mense comuniste, diversi centri di memoria, tutti posti che cercherò su internet una volta rientrata. Ma anche case basse, strade pulite, paesaggio brullo che se chiudo gli occhi profuma di Salento e tantissima tranquillità.

Tornando ci fermiamo ad una baracchino affacciata sul porto. Ci facciamo colazione quasi solo per poter usare un bagno che sia effettivamente abbastanza grande per contenerci. Ci guardiamo attorno, guardiamo la baia tranquilla sotto di noi e ci rendiamo conto che Ventotene, ad un’ora e mezza di aliscafo da Ischia, scollegata da tutto e da tutti e isolata al punto che in porto ci auto-razioniamo l’acqua, ci piace un sacco.

Oggi però partiamo per tornare ad Ischia. Le undici ore di navigazione che seguono sono tranquille, scandite dagli appuntamenti fissi: i turni di avvistamento, la bruschetta di metà mattina, le pause di ascolto sperando di sentire il click dei capodogli, il pranzo, i pisolini all’ombra.. La routine è interrotta solo dagli avvistamenti: oggi vediamo tre tartarughe – gli altri anche una manta che salta fuori dall’acqua – e il più eccitante di tutti, un gruppo di tonni piuttosto grossi che piroettano sopra le onde.

La maggior parte del tempo però siamo tranquilli, chiacchieriamo tenendo compagnia a chi sta facendo il turno di avvistamento. Oggi si parla di rendere abitabili pianeti lontani, di spazio-tempo e dei pro e contro del trasformare l’acqua in vino – salta incredibilmente fuori che i contro superano di gran lunga i pro. Ridiamo molto, si sta bene e prima di accorgercene siamo già sul punto di rientrare in porto ad Ischia.

Dopo due giorni a Ventotene la quantità di barche che ci sono qui mi sconvolge. Decido allora di continuare il mio libro, mi mancano ormai solo cinquanta pagine. Le sto aggredendo e sono calata con tutta me stessa dentro al racconto, con Checco di fianco a me a godersi lo spettacolo dell’isola al tramonto e forse sonnecchiare. Poi qualcuno vede i delfini e quando mi alzo in piedi, davanti a me c’è il branco più grande che abbia mai incontrato. È impossibile contarli e non cerco nemmeno di fare stime. Più tardi Ash mi dirà che erano probabilmente una sessantina di esemplari.

IMG_20160804_192307Sono diversi da quelli di ieri: più grossi, col muso più corto e schiacciato, colori e striature meno vezzose: sono i bottlenose. Le loro pinne dorsali sono striate e portano i segni dei morsi degli altri delfini. Pare che tra di loro mordersi la pinna sia un modo per socializzare. Li seguiamo contro il tramonto per un’oretta, l’idrofono che trasmette in diretta i loro fischi e i loro suoni. Ad un certo punto appoggio la macchina fotografica e decido di godermi il momento. Lì sento la bellezza del tutto: il sole che scompare dietro al mare, Ischia inondata di luce alla nostra destra e i delfini che saltano sull’acqua allontanandosi all’orizzonte. È adesso che arriva Alessandra e mi chiede che pizza voglio ordinare: stasera non devo nemmeno cucinare.

Giorno 8: Prima del tramonto (Ventotene > Ischia)

Giorno 7 – I delfini (Ventotene > Ponza > Ventotene)

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We ate some mezze penne al pesto, right al dente, large portions. This morning we left Ventotene and we are now sailing towards Ponza, going through some very deep waters where we hope to see some sperm whales. There is no wind at all and today, Wednesday 3rd August, it is incredibly hot. The sea is really calm and looks like velvet. I was sitting on the side of the ship earlier and I could see it perfectly mirrored in the water.

I would like to keep reading my novel, it’s by Stephen King and it’s really hard to put it down, but it’s so hot and the sun lotion I put on this morning is melting, making my eyes burn… “I saw a splash!” Alessandra wakes me up with a shout. “I saw a splash, there’s something over there!”.

Abbiamo mangiato un piatto di mezze penne al pesto, cotte giuste, porzione abbondante. Stamattina abbiamo lasciato Ventotene, ci stiamo dirigendo verso Ponza attraversando un tratto di acqua molto profonda dove speriamo di incontrare i capodogli. Non tira un filo di vento e oggi, mercoledì 3 agosto, fa un caldo micidiale. Il mare è piatto che sembra velluto, prima ero seduta in punta a prua e vedevo l’immagine della barca specchiarsi precisa sulla superficie liscia dell’acqua.

Vorrei continuare a leggere il mio romanzo, è Stephen King e sono alle ultime cento pagine e non leggerle d’un fiato è un peccato mortale, ma fa troppo caldo e ho la pancia troppo piena e come dicevo non tira un filo di vento e la crema solare sciogliendosi mi cola negli occhi e li fa bruciare…

“Ho visto uno splash!” L’urlo di Alessandra mi scuote dal torpore. Indica un punto a destra della barca, intanto ripete “Ho visto uno splash, c’è qualcosa là!”. E c’è davvero qualcosa. In lontananza, molto in lontananza, tra le onde, a tratti, si scorgono delle pinne. “Sono delfini!”.

IMG_20160803_140913Ora siamo tutti in piedi e tutti svegli, impegnati a scrutare l’orizzonte. Siamo in nove a guardare, eppure li perdiamo comunque per un po’. I delfini possono stare sott’acqua anche una decina di minuti ed è difficile prevedere dove riemergeranno. Però poi vedo un uccello e poco dopo, seguendo la sua stessa traiettoria di volo ma spuntando dal mare, di nuovo un delfino.

È un gruppo di sei che si muove in coppie di due. Per un po’ di tempo, prima di scomporsi per nuotare in ordine sparso, le coppie riemergono insieme, in fila, come rispettando il proprio turno. Le due cagnoline della barca, Berta e Sterna, abbaiano impazzite e seguono da bordo i movimenti dei delfini. Continuiamo a seguirli, li perdiamo, li riprendiamo di nuovo, li riperdiamo. Pensiamo che vogliano evitarci o che stiano cercando da mangiare, perché ci stanno facendo girare in tondo da un po’ e non siamo ancora riusciti ad avvicinarci.

Intanto, durante l’avvistamento, in barca succede di tutto. È importante scattare più foto possibile per poter poi procedere all’identificazione dei delfini. Sono stenelle striate, si riconoscono perché dai lati degli occhi partono due frivole strisce grigie che assomigliano a trucco. Poi i ricercatori, Ash, Chester e Alessandra, attaccano l’idrofono e dagli altoparlanti a bordo sentiamo uscire, al posto di un concerto rock, i fischi dei delfini a massimo volume. Una GoPro viene calata in mare attaccata ad un’asta di bambù. Cerchiamo di contarli: sei, no, sette, no, sei, forse sette. Finalmente ce li abbiamo sotto la prua e ci regalano un piccolo spettacolo di salto acrobatico. Tutti, in barca, sorridiamo.

IMG_20160803_144548Quando li perdiamo sono passate due ore. Iniziamo a tornare verso Ventotene, dormiremo di nuovo lì stanotte, dove il porto non ha né docce né bagni. Solo mezz’ora di navigazione dopo Chester indica un punto in mare, chiamando “Dolphins, again!” Questa volta sono più di dieci, nel gruppo si riconoscono alcuni delfini più adulti e altri più giovani. Mentre li guardiamo, accovacciati sul fianco della barca, George, l’altro volontario, mi chiede cosa darei per buttarmi in acqua ora. Li guardo nuotare sotto di noi. “L’unico motivo per cui non mi tuffo è che i ricercatori mi ucciderebbero”. Lui annuisce, è chiaro che si butterebbe in acqua subito anche lui.

Sono belli, sono a sessanta centimetri dai miei piedi, il mare è ancora piatto e trasparente e i colori si fanno più caldi sotto la luce del tramonto. Tutto sommato posso dormire senza farmi la doccia ancora una sera.

Giorno 7 – I delfini (Ventotene > Ponza > Ventotene)

Giorno 6 – Parlando di capodogli (Ischia > Ventotene)

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We’re standing in front of the boat. We look at each other, then take our shoes off – this we know. We step on the ship for the first time.

One day later, so much has already happened. We’ve met the crew and the other volunteers, we’re nine this week. I was seasick – mildly. Francesco was seasick. Badly. We’ve both skipped our cores because of this, which makes me feel pretty bad. We’ve sailed for six hours and taken a bath in front of the island of Ventotene, the water so blue you could see the rays of sun hitting the sand ten meters down.

Siamo davanti alla barca, la riconosciamo dalle bandiere. Togliamo le scarpe – questo lo sappiamo – e camminiamo sulla passerella per salire in barca per la prima volta.

Un giorno dopo sono già successe un sacco di cose. Abbiamo conosciuto l’equipaggio e gli altri volontari, siamo nove questa settimana. Io ho sofferto il mal di mare – un po’. Checco ha sofferto il mal di mare – molto. Abbiamo entrambi saltato il nostro turno di lavori per questo, cosa che mi fa sentire un po’ in colpa. Abbiamo navigato per sei ore e fatto un bagno di fronte a Ventotene, l’acqua così blu che si potevano vedere i raggi di sole toccare la sabbia, a dieci metri di profondità.

IMG_20160801_202242Sono le sei e abbiamo succhi e acqua sul tavolo. Ash ci sta raccontando dei capodogli, è l’unico che non ha ancora assaggiato neanche un’oliva. Ci spiega che i capodogli possono scendere fino a un chilometro e mezzo di profondità per circa 40 – 45 minuti di immersione. In quel tempo vanno a caccia e mangiano seppie, un anello vitale per l’intera catena alimentare, visto che permette al plancton di proliferare.

E poi i capodogli parlano. Fanno dei click, molto forti e più o meno frequenti a seconda della distanza di quello che cercano. Più si avvicinano alla preda più i click diventano frequenti, fino a che – silenzio: stanno mangiando.

Poi ancora usano i click per parlarsi. Si chiamano codaclick e dipendono dalla famiglia in cui sono cresciuti e alla cultura a cui appartengono – Ash sorride e fa un verso, tipo “pum!”, mentre applica la parola cultura ai capodogli. I capodogli che hanno lo stesso codaclick cacciano anche nella stessa maniera e girano insieme. Capodogli che invece hanno un codaclick diverso non si mischiano per nessun motivo, peggio che Montecchi e Capuleti. Mentre nell’Atlantico ci sono un sacco di codaclick diversi, tutti i capodogli del mediterraneo hanno lo stesso, una specie di messaggio in alfabeto morse che fa: ta-ta-ta…ta.
Girano in gruppi composti dalle femmine, giovani e adulte, e dai maschi piccoli. I maschi poi si emancipano verso i quindici/ sedici anni, anche se non hanno ancora raggiunto la maturità sessuale. Quindi fino a quel momento girano in grupponi di single per gli oceani. I migliori anni della loro vita, insomma.

IMG_20160801_180019Siamo ormeggiati a Ventotene, se alzo gli occhi dallo schermo vedo la prigione in cui Altiero Spinelli scrisse il Manifesto. C’è aria e ho i capelli incrostati di sale. Ash ci fa sentire un paio di registrazioni, poi ci chiude il computer e ci dice che possiamo andare a fare un giro per l’isola, così ora scenderemo. Spritz vista Ventotene, il sogno triste degli ultimi europeisti.

Giorno 6 – Parlando di capodogli (Ischia > Ventotene)

Giorni 3 – 5: Bucatini al coniglio (Ischia)

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Non potevamo immaginare che in un’ora in traghetto ci saremmo cotti come due calamari…
Ma arrivando a Ischia dopo un imbarco abbastanza travagliato dal porto di Napoli, abbiamo cominciato a vedere la bellezza di quest’isola. Tutto il tratto di mare tra terra e isola è invaso da imbarcazioni di tutte le dimensioni (con cui gli isolani hanno un rapporto di odio e amore) che sfrecciano in ogni direzione.

Una volta attraccati al porto di Ischia con il traghetto, capiamo che anche il traffico sull’isola non è meno caotico. Per nostra grande fortuna però abbiamo approfittato della gentilezza di Isabella e Giovanni, i nostri host (grazie Airbnb!) che sono persino venuti a prenderci e ci hanno accompagnato a casa loro – e, per un paio di giorni almeno, anche nostra. Noi ci sistemiamo, solo dopo aver ritirato il nostro bolide a due ruote, nella camera del Mandarino, con vista Procida. Più tardi, nel tempo di un bicchiere di spremuta, Isabella ci aggiorna su tutte le attività, ristoranti e spiagge dell’isola – formidabile!

IMG_4426Pare veramente che non avremo tempo di fare tutto, ma vogliamo riposarci e godere un po’ di questi posti, così decidiamo di approfittare di uno dei parchi termali, Castiglione.
Si perché Ischia è di fatto una polveriera e solo grazie a questi “sfoghi” sembra che la situazione sia tranquilla e nessuno pensi che prima o poi potrebbe saltare tutto in aria…
L’origine vulcanica rende la terra fertilissima e la vegetazione è rigogliosa, fiori e alberi ovunque.
Alle terme poi si sprecano le piscine di acqua a tutte le temperature, dai 26 ai 50 gradi.
E noi, tra una vasca e l’altra, ci addormentiamo all’ombra.

IMG_20160731_205909Ischia poi è famosa per il coniglio e non potevo di certo esimermi da assaggiare questo piatto della tradizione, perciò in sella al nostro scooter ci dirigiamo verso le colline per raggiungere la Peppina, con la sua incantevole terrazza sul mare. Grazie al consigli di Isabella arriviamo comodamente, nonostante le strade strette e il traffico caotico di auto e motorini, e i bucatini al sugo di coniglio sono una vera libidine!

Prima di lasciare la terraferma, ci manca solo una cosa: dopo tutte le peripezie passate dalle nostre sacche sub, è il momento di svuotarle e immergerci. Se le prime immersioni servono a riprendere confidenza con il mondo subacqueo, alla terza restiamo incantati: in mezzo, tra Procida e Ischia, c’è una secca, dove l’acqua è profonda al massimo 20 metri. Scendendo, si passa sotto ad un arco di roccia dalle pareti altissime, completamente coperto di margherite gialle e arancioni e di coralli.

Passato l’arco entriamo in una grotta di una decina di metri, il buio spezzato dai fasci di luce degli ingressi secondari. Un paguro ciccione abita una stanza della grotta e ci fermiamo a porgergli i nostri saluti, prima di riemergere, sbattuti dalla corrente, per salutare Isabella e Giovanni e imbarcarci…

Giorni 3 – 5: Bucatini al coniglio (Ischia)