Una giornata ad Edimburgo – giorno 2

elephanthouse

Scrivo queste righe mentre cerco di capire se preferisco la carrot cake o la blueberry and coconut cake. Checco, che le sta assaggiando, mi chiede se io ho raggiunto conclusioni; neanche lui sa scegliere. Scrivo queste righe in un posto dove siamo venuti apposta per scrivere: il caffè dove J.K. ha creato Harry Potter. Fuori dalla finestra il castello di Edimburgo e comignoli, dentro tavoli rovinati dal tempo e dall’uso e tanta luce.

Se per meraviglioso intendiamo “che suscita meraviglia”, allora Edimburgo è meravigliosa. I comignoli, le case ammucchiate sulle colline, i castelli tantissimi e i palazzi ad ogni angolo e torri e merli e guglie. E i livelli di città: strade sopra da cui si intravedono strade sotto che non sono le strade da cui venivi, ma hanno un livello ancora diverso. Diagon Alley non è un’idea assurda, ad Edimburgo.

Iniziobagno a credere che potrebbe essere una delle mie città preferite, se giacendo su questa stessa latitudine e con queste stesse verdi colline potesse essere traslata ad un’altra longitudine. All’altezza di Ancona, per intenderci, andrebbe benissimo. Gli scozzesi non hanno fretta, si fermano a farti domande anche se stanno lavorando in biglietteria alla stazione. La città offre sempre nuove prospettive, tanti punti di vista quanti i livelli di queste strade moltiplicati per le torri. Quando la sera esce il sole, i paesaggi non paiono reali, ma dipinti ad olio su tela. Però il freddo, per questo periodo di agosto, è incredibile.

Sapevamo che sarebbe stato freddo, come sapevamo che avrebbe piovuto, ma trovarsi nel freddo è diverso da immaginarlo mentre si progetta un viaggio fantasticandone da lontano. Abbiamo incontrato due persone nate nelle Highlands, ed entrambe ci hanno augurato buona fortuna con il nostro campeggio.

Forse preferiamo entrambi la carrot cake.

Aggiornamento: la sera del 30 luglio ho tirato fuori il piumino invernale e ho smesso di avere freddo. La stessa sera, abbiamo bevuto una birra in un pub di quartiere condividendo il tavolo con quattro gentlemen scozzesi. 

Una giornata ad Edimburgo – giorno 2

Edimburgo – giorno 1

colazioneOre 7:30 del mattino (primo giorno di ferie): una catsitter cerca di entrare in casa nostra per dare da mangiare a Clari. Poi si accorge che ci siamo ancora e scappa.

Ore 8:30 del mattino: mi sto depilando guardando un documentario sulla Corea del Nord. Ho annaffiato le orchidee.

Ore 10:30 del mattino: sono dalla mia ex collega a dare da mangiare al suo gatto. Si vede che lui sta soffrendo la solitudine. Soffrirà anche Clari.

Ore 12:30: supermercato, farmacia, metto su l’acqua per la pasta,, l’altra catsitter passa a ritirare le chiavi, Checco sta disfando la valigia. Stamattina da Decathlon ha comprato una pala e un lampadario da tenda. E un coltellino tutto per me.

Ore 14:00: indossiamo i vestiti del viaggio e partiamo. Non con stile, di corsa, ma partiamo.

Edimburgo è una città che appena ci atterri capisci che è bellissima. I prati verdi, le colline in lontananza, e quelle case, quei tetti, così evocativi. Evocativi, già, ma di cosa? È il Regno Unito prima della rivoluzione industriale? Gli spazi angusti e la popolazione ammassata dei romanzi di Dickens? Eppure c’è qualcosa di più romantico in queste case coi muri in mattone, e il castello sopra la collina proprio non torna, nel quadro degli orfanelli dickensiani. Mi torna in mente che una mia collega che ha studiato qua mi ha consigliato di andare a bere un caffè nel locale in cui J.K. ha scritto Harry Potter. La chiave per interpretare questi tetti, colline e castelli forse è lì: Edimburgo un luogo reale che fa spiegare le vele all’immaginazione e al ricordo.

Per il resto è freddo. Entriamo in un pub, il Red Squirrel, non lontano dal teatro, che avevamo notato raggiungendo il nostro bed and breakfast e che ci è stato confermato fare ottimi hamburger. Alla seconda pinta scoppia a piovere. Gocce grandi come noci e fittissime. Abbiamo sempre saputo che avrebbe piovuto, ma ora la pioggia è concreta davanti ai nostri occhi. Se pioverà così non riusciremo a tenere asciutta la tenda. Vedo già l’acqua scorrere a rigagnoli sotto i nostri materassini. Che cosa abbiamo fatto?

Il mattino dopo, senza pinte di birra nel sangue e riposata, ricordo che le guide mi hanno spiegato che raramente ci sono simili temporali in Scozia. È più una pioggia leggera e costante e imperterrita. In questo momento lo speriamo molto.

Edimburgo – giorno 1

In realtà sono già partito…

zaino

La verità è che per questo viaggio siamo già partiti da un paio di mesi…
Ma forse non siamo ancora veramente pronti. Solo capire cosa potesse servirci è stato difficilissimo e l’unica cosa che veramente avrebbe potuto salvarci la vita, una canna da pesca portatile… non c’è stata nello zaino (mi dispiace Denis, andremo a trote da qualche parte in Italia).

Siamo pronti?! Sì, ho comprato anche la pala pieghevole… direi che ormai non possiamo più tirarci indietro. E chi lo sa, magari finisce che impariamo ad andare in canoa e non ci ribaltiamo 🙂

Zaini ai posti… pronti… via!

* – * – * – * – * – * – * – * – *

Mentre Checco finge – di essere stato da Decathlon, di essere pronto a partire, che gli unici dubbi siano solo filosofici… – io:

-chiudo l’ufficio, parto per le ferie, momento che aspetto da un anno, un.an.no!, cammino per la strada e mi viene l’ansia di avere lasciato l’ufficio;

-torno a casa con l’ansia e con l’ansia inizio a fare la valigia. Una mia amica mi dice che è normale, che a lei l’ansia da chiusura del lavoro ogni tanto le viene anche quando stacca il venerdì. Io non avrei più lo stomaco al posto suo. Lavoriamo troppo. E che problemi da fighetta del primo mondo che ho io.

– faccio lo zaino per il campeggio, la valigia per il turismo, tengo i liquidi in valigia, i sotto-zaini fuori per completarli domani mattina, cerco di rispondere a caso alla domanda “quante magliette mi serviranno in campeggio? E se piove davvero tutto il tempo? E se cado in acqua? E se devo prestarne una a qualcuno? E se Jurassic World?”. È difficilissimo. Ulteriore ansia, arriva allo stomaco.

– Checco inizia a chiamarmi: “Ceci… (riassunto) non voglio imbarcare la mia valigia, la mia valigia non mi piace, non la voglio”; “Ceci… mi aiuti a prendere i biglietti del treno?”; “Ceci… quante magliette hai preso?”. Ansia. È ora che mi viene il vomito.

Sto cucinando i noodles (questi buonissimi) che forse non mangerò, tagliando i cetrioli sottilissimi per rilassarmi, cantando le canzoni che ascoltavo quando ero un’adolescente incompresa e che oggi ancora mi calmano. Perché si sa, al mondo solo Vasco, gli Smashing Pumpkins e Dolores O’ Riordan mi capiscono. Però vorrei che Vasco non avesse mai scritto “Come riempi bene quei jeans”.

Checco ha ordinato il sushi. Vuole riparlarmi della valigia, cosa che mi fa svenire, ma poi non lo fa. “Faccio male a volte a ridere di te?”. Cazzo. Cazzo, cazzo, cazzo. Siamo in vacanza. I sottozaini per terra, la giacca impermeabile fuori dall’armadio, telefoni e macchine fotografiche in carica. Domani dormiremo in un altro letto. Il momento che aspettavamo da un anno è qua.

In realtà sono già partito…

E del perché di tutto questo: il viaggio

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Dopo lunghissime premesse, è il momento di parlare del viaggio e di cosa andremo a vedere. Partiremo mercoledì sera da casa e raggiungeremo Charleroi. Ci piacerebbe un sacco, un giorno, fare un viaggio che non parta da là, ma è un lusso che ancora non ci possiamo concedere. L’aeroporto di Charleroi, però, è forse il posto al mondo dove i rossetti di Chanel costano meno. Zaino in spalla, valigia alla mano, pronta a partire per la vacanza più avventurosa della mia vita, passerò un quarto d’ora a decidere se prendere il Rouge Coco n° 426 (Roussy) o il n°440 (Arthur). Dopodiché potremo partire davvero.

29 – 30 – 31 luglio 2015: Edimburgo: Nessuno di noi due è mai stato ad Edimburgo. Arriveremo la sera del 29 e usciremo a mangiare e ad assaggiare il whiskey. [Ostacolo n°1 (a cui dovrei forse trovare un nome come ai rossetti di Chanel. Facciamo Herbert): a me piacciono sia la birra scozzese che il whiskey, tantissimo. A Checco piace solo la birra. È probabile, dunque, che le parti su Edimburgo le scriverà lui.] Per il giorno e mezzo successivo faremo le cose da turisti: vedere il castello, il Parlamento, la città georgiana, provarci i kilt, dare i soldini a quelli con la cornamusa, decidere che da grandi vorremo suonare la cornamusa anche noi.

31 luglio 2015: Nel primo pomeriggio prenderemo un treno che ci porterà ad Inverness [Ostacolo n°2 (François): Checco non ha ancora prenotato il treno]. Saliremo a bordo rigorosamente nelle ore di luce: adoro viaggiare in treno e adoro vedere i paesaggi che mi sfilano davanti agli occhi. E questo viaggio in treno sarà ancora più affascinante perché avremo la consapevolezza di stare abbandonando le Lowlands per entrare nelle Highlands. Arrivati ad Inverness non saremo più turisti, ma viaggiatori. Cercheremo di conseguenza non un ristorante, ma una locanda, per toglierci la fame e la sete.

1 agosto 2015: Alle 10:00, alla stazione centrale di Inverness, incontreremo la nostra guida e i nostri compagni di viaggio. Di loro sappiamo che:

  1. La guida ha un grande senso dell’umorismo – fine dell’elenco puntato.

Quindi ci conosceremo, metteremo i nostri averi in botti impermeabili, lasceremo le nostre valigie, guideremo fino a Elphin, impareremo ad andare in canoa in un angolo tranquillo di Loch Veyatie [Ostacolo n°3 (Dalia): Seriamente: Davvero impareremo ad andare in canoa in un mezzo pomeriggio?], raggiungeremo remando la località di campeggio, pianteremo le tende, cucineremo e andremo a dormire. Il primo agosto 2015, insomma, durerà all’incirca sette giorni.

2 – 5 agosto 2015: Se la lezione di canoa avrà funzionato, in questi quattro giorni gireremo in lungo e in largo le Highland del Nord-Ovest, a tratti in canoa, a tratti caricandoci la canoa sulle spalle per passare da un Loch all’altro, a tratti abbandonando le canoe e raggiungendo a piedi le cime dei monti scozzesi.

6 agosto 2015: L’ultimo giro in canoa ci porterà, verso sera, ad Ullapool. Il sei agosto sarà, per il resto, Il Giorno della Doccia. Dormiremo in un letto in un cottage, mangeremo a tavola e per la prima volta vedremo come sono i nostri compagni di viaggio vestiti normali.

7 agosto 2015: Ritorno ad Inverness. Fino a qualche giorno fa pensavamo di dover correre a Edimburgo, invece abbiamo scoperto di avere ancora mezza giornata, una giornata e un’altra mezza giornata. Quindi abbiamo deciso di noleggiare una macchina e di vedere tutta la costa Est.

8 agosto 2015: Il giorno dei Puffin (pulcinelle di mare). La mia voglia di fare il giro di tutta la Scozia in un giorno e mezzo è evaporata nell’istante in cui ho scoperto che esiste un’isola (Isle of May) in cui si trovano i puffin. E i cuccioli di foca. Raggiungere quest’isola è complicatissimo [Ostacolo n°4 (Ruby)], il tutto prende circa 5 ore e bisogna telefonare al signore del traghetto per controllare che parta all’orario indicato e che non sia in ritardo o in anticipo per la marea. Insomma, è oggettivamente imperdibile. La sera arriveremo ad Edimburgo dove ci sarà una sessione extended di fuochi artificiali per il Royal Edinburgh Military Tattoo. Confesso di non avere ancora capito esattamente cosa sia il REMT, ma tutte le persone a cui ho chiesto se davvero valga la pena di andare ad un evento che ha Military nel nome mi hanno detto che è imperdibile.

9 agosto 2015: Dopo avere passato la notte in macchina [Ostacolo n°5 (Melinda): se il REMT è così imperdibile, Edimburgo sarà zeppa di gente e noi che non abbiamo ancora prenotato (il giro di ritorno l’ho deciso io in questi due giorni mentre Checco era in ritiro con la nazionale) non troveremo mai un albergo per dormire] andremo a visitare Stirling. Poi ci dirigeremo verso l’aeroporto di Edimburgo..

..per tornare a casa da Clari. ❤

E del perché di tutto questo: il viaggio

Perché non dovremmo andare in Scozia (un post realista)

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I motivi per cui non dovremmo andare in Scozia non sono romantici e astratti, come quelli per cui abbiamo deciso di andare. I motivi per cui non dovremmo assolutamente andare in Scozia sono dannatamente pratici e concreti. Eccoli qui.

√ Viviamo in un paese, il Belgio, in cui ci sono in media 200 giorni di pioggia all’anno, e già questo dato mi sembra enorme. Io ne soffro, Checco ne soffre, ogni tanto smette di parlare di neve e dice che vorrebbe andare al mare. Invece andiamo in un paese, il Regno Unito, in cui piove “leggermente meno” che qui, in una regione, le Highlands del Nord-Ovest, in cui invece piove orribilmente più che qui. In media 265 giorni di pioggia all’anno, signori. Mi aggrappo a quell’ “in media”: la deviazione standard è la sola speranza che ci resta.

√ 265 giorni di pioggia all’anno. Immaginate l’erba, che probabilmente non fa in tempo ad asciugarsi mai. Noi saremo in tenda. Ma non in quei campeggi attrezzati carini, dove se hai un gettone puoi fare la doccia e se ti porti la carta igienica puoi andare in bagno. Noi saremo in tenda e basta. Sì, lo so: il campeggio è la classica cosa che se sei attrezzato e un po’ furbo non te ne accorgi neanche, stai come un pascià. Ma siamo attrezzati noi? La signorina, qui, quella che sta scrivendo, quella che vuole stare nella natura lontana da tutto, ha dormito in tenda, nella vita, due notti in tutto prima d’ora. E adesso parte per sei notti di campeggio selvaggio – ché così si chiama: wilderness camping. BUM!

√ Con i cerchi sotto gli occhi e più che un centinaio di aerei presi, vorremmo un po’ di riposo. Cosa c’è di meglio che una vacanza attiva per cui ci è stato espressamente chiesto di allenarci? Più o meno tutto. Ma ecco, qui viene il bello: io totalizzavo quattro giorni di allenamento a settimana a marzo, tre ad aprile, due tra maggio e giugno, mentre eccomi qua a luglio: una placida patata da divano (“couch potato”, sto dando una lucidatina al mio inglese).

√ Inglese che non servirà a niente! Parlano scozzese questi qui. Anziché dire “màunteins”, “montagne”, dicono “mount’ns”, “montgn”. Pare che la nostra guida abbia un grande senso dell’umorismo. Noi non lo sapremo mai.

√ Sì, c’abbiamo una guida, mica è ragionevole fare il giro delle Highlands in canoa da soli. In canoa, dicevo. Noi non siamo mai stati in canoa. Non sappiamo neanche a livello teorico dare una definizione di canoa. Siamo stati una volta in kayak, al mare, però. Quando ne parliamo, tra di noi, nelle serate romantiche, sorseggiando un bicchiere di vino in uno dei 165 giorni di sole che ci spettano, la ricordiamo come “quella volta che abbiamo preso il kayak e ci abbiamo impiegato due ore per fare trecento metri.”

√ Lo avevo detto che i motivi per cui non saremmo dovuti andare in Scozia sono di natura pratica e concreta. E non c’è problema più pratico e concreto che vivere sei giorni senza un bagno. [Quando nei boschi mi accovaccio per fare la pipì, (immagine sdoganata da Jane Campion in Lezioni di piano, quindi posso parlarne senza imbarazzo) ho sempre paura che dei ragni (già, notate il plurale) mi saltino sul sedere.]

Quindi, se torniamo indietro in salute, l’anno prossimo faremo un blog sulla nostra vacanza in riviera con pensione completa.

Perché non dovremmo andare in Scozia (un post realista)

Perché la Scozia (un post romantico)

scarpe

Ho un contratto da libero professionista.

Parto per Bologna * esco per andare a prendere un gelato * inforco la bicicletta * vado al mare * mi preparo per dormire * esco a cena * mi provo un vestitino * faccio aperitivo * esco cinque minuti prima * mi concedo un weekend fuori porta * ho una serata importante * entro a teatro * suono alla porta di un’amica * rientro prima per andare dal medico * sono in ferie * sto dando un esame * vado a salutare la nonna * salgo in macchina * appoggio la borsa e metto le pantofole * entro in doccia * scelgo una serie tv * chiudo l’armadietto e vado a correre * resto a letto * studio altre due pagine * sono bloccata lontano* rientro con lo snow sotto braccio * prendo il traghetto * sono in aeroporto * preparo la cena * faccio un giro in centro * faccio colazione * leggo due pagine *

Dove l’asterisco (*) si legge “controllo la mail”. Sono un po’ stanca. Ma non ve lo devo raccontare io, l’ha fatto a disegnetti Zerocalcare. Io volevo solo dire che in certi momenti dell’anno  (/del giorno?) vorrei scomparire in un’isola lontanissima senza internet e senza popolazione.

Poi ho visto sul sito del Guardian il video di questo giro in Scozia. Cielo. Montagne. Acqua. Grigio su verde su blu piombo. Gente vestita come serve, non come si deve. Acqua. Cielo. Montagne. Persone che piantano una tenda e una pentola di patate sul fuoco. Dicono che girare in canoa sia meglio che fare trekking, per il mangiare: puoi portare più cose, tanto non devi tenerle sulle spalle. Montagne. Acqua. Cielo. Cambiare di prospettiva fa bene. Vedere la terra dall’acqua è un po’ come vedere la terra da fuori. Cielo. Acqua. Montagne. Accendere un fuoco dopo una giornata di fatica fisica, dormire per terra nel sacco a pelo, appena al riparo dagli elementi. Non manca niente. Acqua. Montagne. Cielo.

Cioè, manca qualcosa. Manca un sacco di roba. Mancano le prese elettriche, mancano i marciapiedi. Mancano i palazzi che nascondono l’orizzonte allo sguardo. Manca la tabella con gli orari degli autobus. Mancano le serrature e gli allarmi. Manca la buchetta delle lettere e la rata dell’UCM. Manca l’ultima e-mail da mandare. Manca il supermercato e le tastiere e le automobili e i clacson e gli autisti. Mancano le organizzazioni ad incastro. I dentro e i fuori. Una signora nel video dice “It’s just being away from everything.” Io la capisco. Non potremo ricaricare il cellulare: saremo lontani da tutto.

E poi questi paesaggi. Che io volevo fare un viaggio lontano lontano per vedere posti mitici e calarmi in dimensioni aliene per meravigliarmi e sentirmi altrove, ma poi la meraviglia e il mito sono anche qua in Europa, nel Regno Unito (almeno fino al prossimo referendum).

E infine l’avventura. Perché parte del fascino di questo viaggio sarà data dal fatto che ci saremo solo noi, con le nostre forze, su una piccola imbarcazione, in mezzo alla natura. Quanto siamo realmente pronti per tutto ciò sarà oggetto di nuove riflessioni. Domani.

P.S.: Checco mi ha chiesto di scrivere anche lui, quindi ad un certo punto arriverà anche un suo post!

Perché la Scozia (un post romantico)

Quando inizia un viaggio

planning

Quando inizia un viaggio?

Ci penso, bevo una birra, guardo il cellulare. Troppo difficile.

Ho deciso di scrivere un blog sul viaggio che io e Checco faremo in Scozia. Ho deciso di farlo perché l’entusiasmo che sento da quest’autunno, quando sono capitata per la prima volta sul sito di Wilderness Scotland e ho deciso che l’obiettivo della mia vita era attraversare le Highlands del Nord in canoa, voglio che rimanga. Non voglio però affidare il sorriso che mi si spalanca al solo pensiero della partenza alla mia memoria, così poco affidabile.  E non posso sopportare l’idea che sia lei a decidere cosa tenere e cosa invece scartare. Io voglio, tra 20 anni, riaprire questo blog e ricordare stasera, a quattro giorni dalla partenza, che mi era finito l’aglio e stavo facendo uno scalogno, olio e peperoncino e ancora solo l’immaginavo, Edimburgo. Scrivo per contrastare i miei ricordi altamente deperibili.

Scrivo pubblico. Perché il solo pensiero di partire mi fa sentire libera e coraggiosa. Perché, come quando corro, l’idea di farlo mi fa sentire un eroe e le vicende degli eroi, allora, vanno raccontate. Scrivo pubblico anche perché sono abituata, ormai, ad essere lontana, ma a non esserlo mai completamente. E se i miei amici sono con me ogni giorno, in quelle piccole abitudini, nei dettagli che mi fanno pensare a loro, nelle cose che dico e che dicevano loro, nelle abitudini ereditate, nel ricordo improvviso di una lunga serata a parlare o di una risata senza respirare. Se i miei amici saranno con me anche in Scozia, questo è il modo che ho scelto perché loro ci si ritrovino. (Ho quasi scotto gli spaghetti).

Non avevo pensato a come chiamare il blog del viaggio (“Voglio fare un blog del viaggio”, dicevo) fino a che non ho dovuto scegliere un indirizzo wordpress. L’ho scritto. Quando vado in ufficio, e piove, e arrivo al lavoro con i piedi umidi, la pioggia è la cosa più odiosa che ci sia. Ma quando corro, e viene a piovere, e mi bagno i piedi e i capelli, e sui polpacci mi schizzo col fango, continuo a correre e quella pioggia è la cosa più liberatoria che ci sia. Ribaltarsi e finire in acqua sarebbe una cosa insopportabile se mi succedesse nella vita di tutti i giorni. Sarà solo un’eventualità a cui essere pronta quando sarò partita. Bagnarsi e non doversi preoccupare è liberatorio. Sarà vacanza.

Quando inizia un viaggio