Il nostro viaggio a caccia di balene è arrivato ed è passato. Il mal di terra pure è ormai passato. Mi faceva girare la testa e sentivo una leggera nausea a stare davanti al computer, ma me lo tenevo stretto come un tesoro raccontandomi la storia che era un po’ di mare che mi era rimasto dentro.
Quest’anno il viaggio è stato davvero all’insegna dell’equilibrio: abbiamo imparato tantissime cose e tante ne abbiamo fatte, ma abbiamo avuto anche tempo per riposare, leggere, chiacchierare all’ombra. Senza la stanchezza che avevo addosso l’anno scorso lasciando le Highlands, ho quasi pianto mentre ci avvicinavamo ad Ischia per passare l’ultima notte al porto.
Le cose che ho capito che mi piacciono, d’estate, sono queste. Non avere un vero tetto sopra alla testa e nessuna parete attorno; nessuna luce artificiale e mai il neon; avere poche persone e poche cose, circondandomi per una volta solo di ciò che è necessario. Ho capito che mi piace quando la doccia arriva come un sollievo, ma amo anche i giorni in cui non c’è. Il sale che si accumulava sulla pelle quando a Ventotene non potevamo lavarci come si deve mi faceva sentire in mezzo ad un’avventura, mi faceva pensare alla libertà.
Mi sono accorta solo quando sono scesa a terra e siamo tornati a passeggiare per le strade di Ischia che un’altra cosa che non mi era mancata mentre ero in barca era il desiderio, inteso nella sua accezione consumistica. Ero stata bene, senza il continuo volere qualcosa, senza svuotare e riempire carrelli o sfogliare cataloghi. L’unica cosa che “volevo” era sentire il click di un capodoglio dagli idrofoni ed ero comunque pronta all’eventualità di non sentirlo mai. Ad Ischia, invece, mi ero trovata a cercare un paio di sandali, ricordi per le mie colleghe e persino a guardare con curiosità le anteprime delle collezioni invernali esposte in vetrina.
Pensavo a queste cose mentre in macchina risalivamo dalla Campania all’Abruzzo, dove avevamo preso una stanza a Pescocostanzo per la cena al ristorante che avrebbe chiuso la nostra vacanza. Anche Pescocostanzo, un piccolo borgo di montagna a più di milleduecento metri sul livello del mare e dove faceva ben più freddo che ad Ischia, ci è piaciuto molto. Siamo rimasti letteralmente incantati dalle case in pietra, ognuna con i suoi gerani alle finestre. Quanto alla cena, essa è stata un viaggio a parte. O meglio, tanti viaggi: uno inebriante per i sensi, poi la chiusura di un percorso e l’inizio di un altro, sempre con la maglia dei Rhinos addosso.
…ed ecco che già eravamo a Roma, poi a Bruxelles, poi non eravamo più tristi di essere di nuovo a casa perché Clarissa si rotolava per terra di fianco alla porta. Eravamo tornati.